La prima proposta utile alla realizzazione di questa “rete del confronto” è l’adozione, da parte dell’Amministrazione comunale, del “Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni” secondo il modello e l’esperienza di Labsus – Laboratorio per la Sussidiarietà, che da tempo, in varie parti di Italia, sta promuovendo e applicando questo modello attraverso quella intuizione straordinaria che sono i “patti di collaborazione”, snodo tecnico-giuridico su cui si fonda l’alleanza fra i cittadini e l’istituzione che governa la città.
Labsus, il Laboratorio per la sussidiarietà, ha un obiettivo ben preciso, fondato su una certezza. La certezza è che le persone sono portatrici non solo di bisogni ma anche di capacità e che è possibile che queste capacità siano messe a disposizione della comunità per contribuire a dare soluzione, insieme con le amministrazioni pubbliche, ai problemi di interesse generale.
Questa certezza ha trovato conferma nella legge di revisione costituzionale che nel 2001 ha introdotto nella Costituzione il principio di sussidiarietà orizzontale, con questa formulazione: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (art. 118, ultimo comma). La nuova norma, riconoscendo che i cittadini sono in grado di attivarsi autonomamente nell’interesse generale e disponendo che le istituzioni debbano sostenerne gli sforzi in tal senso, conferma appunto sia che le persone hanno delle capacità, sia che possono essere disposte ad utilizzare queste capacità per risolvere non solo i propri problemi individuali, ma anche quelli che riguardano la collettività.
Se questa è la certezza di fondo che ci ispira, allora è chiaro anche il nostro obiettivo: far sapere al maggior numero possibile di persone che nella nostra Costituzione c’è questa grande novità rappresentata dal principio di sussidiarietà e che questa novità può cambiare il loro modo di stare, come cittadini, in questa società. Pochi, infatti, si sono accorti delle enormi potenzialità di questo nuovo principio. E, fra quei pochi, ce ne sono alcuni che ne danno un’interpretazione riduttiva, in negativo, secondo la quale se i privati si attivano il pubblico deve ritrarsi, come se la presenza dei soggetti pubblici in certi settori fosse un male da sopportare in mancanza di meglio.
Non è questa la nostra idea di sussidiarietà. Non solo perché, sia pure con tutti gli aggiustamenti necessari, il ruolo dei soggetti pubblici nel garantire i diritti civili e sociali riconosciuti dalla Costituzione rimane essenziale. Ma soprattutto perché la vera essenza della sussidiarietà non sta tanto nel fungere da principio regolatore dei confini fra una sfera pubblica ed una privata considerate fra loro ineluttabilmente confliggenti, quanto nell’essere la piattaforma costituzionale su cui costruire un nuovo modello di società caratterizzato dalla presenza diffusa di cittadini attivi, cioè cittadini autonomi, solidali e responsabili, alleati dell’amministrazione nel prendersi cura dei beni comuni.
E’ un modo di essere cittadini del tutto nuovo e finora irrealizzabile, perché l’ordinamento non consentiva ai cittadini comuni di occuparsi della cosa pubblica pur continuando ad essere semplici cittadini. Anzi, era considerata assurda la sola idea che un cittadino, senza iscriversi ad associazioni di volontariato o similari, potesse in quanto tale avere la voglia e le capacità per prendersi cura dei beni comuni insieme con altri cittadini e con l’amministrazione.
Oggi questa assurda idea sta nella Costituzione. E noi vogliamo che il maggior numero possibile di cittadini italiani si mobiliti, sulla base di una idea di “sussidiarietà responsabile”, per contribuire alla rinascita del Paese.